questa canzone non è in vendita
chi mai la comprerebbe?
a chi potrebbe fregare qualcosa
delle cose inutili che scrivo?
(This song, Visions)
chi mai la comprerebbe?
a chi potrebbe fregare qualcosa
delle cose inutili che scrivo?
(This song, Visions)
Per lungo tempo ho scritto solo per me. O per pochi altri. Oppure avendo in mente un'idea vaga di diffusione della mia musica, ma che in concreto non ho realmente perseguito, non nei modi classici almeno. Eppure anche chi scrive da solo può inseguire una forma, una qualità, come se avesse in testa un pubblico immaginario, del quale cerca di immaginare le reazioni; non qualcuno di preciso da accontentare, ma un'idea generica, forse un altro se stesso che potrebbe ascoltare e giudicare. E anche un pubblico immaginario può essere molto severo.
Io scrivevo per me, ma è come se fossi certo che qualcuno prima o poi l'avrebbe ascoltata. Non era quindi un modo per mettermi in mostra, il che non significa non essere narcisista: alla base c'è sempre l'enorme piacere di specchiarsi nella propria creazione, ma per questo basta riascoltarsi, non necessariamente essere ascoltato. La musica bastava a me, era come i diari dell'adolescenza, faceva parte di quel mondo interiore che si coltiva senza nessuna prospettiva di portarlo allo scoperto. A volte mi è incomprensibile, come può essere incomprensibile Emily Dickinson (che per tutta la vita ha tenuto le proprie poesie in un cassetto - e non a caso è citata indirettamente in Esercizi Spirituali). Viviamo talmente immersi in un mondo di talent, che a volte ci suona inaccettabile l'idea che qualcuno insegua qualcosa di bello per se stesso.
La musica può essere un rifugio, un universo costruito a mia misura, il mio spazio di onnipotenza, in cui sono io il creatore, in cui nessuno può darmi regole. Ed è difficile uscire da un rifugio quando ci si trova tanto a proprio agio (questo è uno dei temi di Visions). La musica è l'amico immaginario, la coperta di Linus, il mondo sotto le coperte. Di fatto, è un modo brillante per restare bambini, e continuare a giocare.
Anche quando ci sono stati ascoltatori, la componente "per me stesso" è rimasta prevalente. Potrei spiegare così la presenza di idee complesse, di progetti di "concept album", di riferimenti incrociati dentro alle mie creazioni, che non ho mai preteso che l'ascoltatore capisse. Ho infarcito testi di simboli o citazioni o doppi sensi non facilmente intelligibili, senza imporre spiegazioni se non venivano chieste. Ho lavorato su alcuni testi in maniera maniacale, ma so che quasi nessuno se ne è chiesto il senso. Che ascolti canzoni mie o di Battisti/Mogol, sono sicuro che ai più sfugga (o semplicemente non interessi) l'esistenza di significati più profondi, se una frase è stata scritta di getto o se è oggetto di mesi di cesello, se ha un senso o serve solo a fare rima. Qualcuno preferisce soffermarsi su quello che gli evoca il quadro, qualcun altro, invece, sa che maggiori informazioni sulla storia ed il contesto possono dargli un diverso livello di fruizione del quadro e un maggiore discernimento, anziché guastarne il godimento istintivo. Se a uno basta gustarsi un suono o una melodia, non pretendo di imporgli ulteriori livelli di ascolto, che però, volendo, potrebbe trovare. Io ho nascosto un tesoro, chi vuole giocare alla caccia è il benvenuto.
In tutto questo parziale nascondermi, qual è il confine tra modestia e snobismo? Quale tra insicurezza e consapevolezza dei miei limiti? Potremmo discuterne per ore. In realtà ho ascoltato una quantità talmente enorme di musica che da un lato penso che ci sarebbe un posticino anche per me in questo universo, dall'altro mi chiedo a chi potrebbe realmente interessare una manciata di canzoni in più di uno sconosciuto quando io stesso non riesco a dedicare che un paio di ascolti all'album dell'anno.