Ho sempre saputo che sarebbe stato un azzardo aprire l'album con un pezzo così anomalo, con un arrangiamento forse poco centrato e sicuramente spiazzante (sembra quasi di entrare in sala a spettacolo già cominciato).
Ma alcune scelte non hanno necessariamente una giustificazione: avevo deciso da sempre, dal momento in cui ho concepito il gusto della pioggia, che questo sarebbe stato il brano di apertura. E' una scelta in antitesi alla retorica del brano introduttivo. Se vogliamo è una sfida all'ascoltatore, non lo seduce con un brano ruffiano, ma semmai lo provoca a chiedersi dove si va a parare, e forse (questa è la speranza) lo inchioda.
La canzone descrive uno stato d'ansia e lo fa trasmettendo ansia, con il suo ritmo incalzante, l'uso dei diminuiti, le brusche salite di tonalità, il cantato che riempie tutto, e la struttura circolare. Concetti (del tornare al punto di partenza o del sentirsi soffocare) che sono espressi in maniera autoreferenziale anche nel testo, che, a leggerlo attentamente, in molti tratti sembra che si auto-descriva. Una trappola, dunque, un incipit inatteso che evoca un senso di chiusura e di affanno, che verrà invece completamente ribaltato nei brani successivi, di ben altro respiro (per non uscire dalla metafora).
Ovviamente, quale sia l'incidente di cui parla la canzone, e che è la causa di questo stato d'animo, ognuno è libero di immaginarlo come crede.