domenica 10 maggio 2020

an English weekend

Breve racconto post-adolescenziale in forma di canzone, apparentemente molto semplice (ma con qualche passaggio non banalissimo), con alcune intuizioni a mio avviso molto riuscite, come l'alternanza tra il racconto minimalista e il dialogo interiore (in particolare la variazione in cui esplode un groviglio di pensieri quasi paranoico). Il carillon iniziale sembra introdurre in dissolvenza la scena di arrivo nella neve. Buffo anche come alcune parole innocenti contribuiscano a datare il raccontino (il treno, il CD, la mappa cartacea).

mp3: An English Weekend

testo: An English Weekend

una diretta facebook del 2020:
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10158266689594806&id=623764805

buffo essere seduto nella tua stanza
con nessun altro tranne me
mentre tu mi prepari una tazza di tè inglese
dopo che io mi sono tolto
le scarpe per non bagnare per terra e
ho messo su il mio CD preferito
e piego attentamente la preziosa mappa
che mi ha portato alla tua porta mentre tu dici

"sei sicuro di quello che dici?
non ti dispiace di essere venuto qui?
sei d'accordo o sei solo rassegnato
che le cose debbano andare cosi'?"
perché pensavo solo di anticipare
quello che credevo tu stessi pensando
ma anche se mi sento come te
ora è diverso sentirselo dire

non mi importa niente del municipio,
con tutta la neve che sta per cadere
è meglio che restiamo,
guardiamo le tue fotografie dell'Italia,
ma ti prego, non guardarmi così,
perché potrei prenderti la mano e poi chissà?
ma guarda, si sta facendo tardi,
è ora che io prenda il treno

lei è in piedi sulla banchina, benché
non voglia dire una parola,
ma immagino dai suoi occhi cosa c'è dietro;
gli altoparlanti rintoccano l'ultimo avviso,
così io disinserisco l'auto-controllo
e all'improvviso tutte le nostre resistenze crollano;
è così disperato e dolce,
sì, lei è così disperata e dolce

le cose vanno come non avevo previsto,
ma avrei dovuto sapere tutto ciò dall'inizio,
allora perché ho aspettato tanto per baciarla?
e penso mentre il treno va veloce:
"è divertente essere cresciuto
perché finalmente posso divertirmi ad essere superficiale"
ma pensavo che non facesse male;
sì, ero sicuro che non facesse male

mercoledì 1 aprile 2020

piccoli piacevoli incidenti meteorologici

In piccoli piacevoli incidenti meteorologici (▶) i più vispi potranno intuire che il pezzo nasce, come altri dello stesso CD, da un tentativo - che poi non andò in porto - di comporre una manciata di brevi passaggi sonori per un DVD-ROM multimediale che parlava di treni.
I più suggestionabili potranno chiudere gli occhi e immaginare di veder scorrere dal finestrino una campagna che cambia di colore e profumo al cambiare del tempo.
I più romantici crederanno persino di sentire il fruscio della pioggia sui vetri. 

venerdì 27 marzo 2020

sdrucciolevole

Sdrucciolevole

Ho capito l'importanza delle sdrucciole una volta che Sergio Caputo disse che aveva smesso di scrivere swing perché aveva finito - appunto - le sdrucciole. Ci sono generi musicali nati per la lingua inglese che, per essere adattati all'italiano, richiedono particolari accorgimenti metrici che a noi non risultano naturali. Come Vasco, che per fare rock deve usare una quantità enorme di monosillabi e parole accentate. O come la classica ballata shuffle in 12/8 che, essendo a terzine, richiede parole sdrucciole.

Questa canzone, al di là dell'ammiccante gioco di parole del titolo, ha come protagonista una di quelle persone che non riescono mai a calarsi a fondo negli eventi perché non riescono a evitare di guardarsi vivere.



mercoledì 25 marzo 2020

ripercorrendo il film

grazie a Dio sono immune dal potere 
di essere smosso dal tuo smuovere la polvere 
dal tuo recensire il film
grazie a Dio sono al sicuro dalla poesia
(Reviewing the film, Plaster ceilings)

Per un lungo periodo della mia vita ho collezionato i miei ricordi trasferendoli in musica, ho rastrellato emozioni e le ho conservate come si conserva un fiore tra le pagine di un libro,
ho distillato sensazioni e immagini per farne essenze concentrate, come se con qualche strana alchimia avessi catturato il tempo e lo avessi intrappolato in tante piccole fialette, che solo aprire il tappo libera vortici di ricordi.
Ora che ho accumulato più "fialette" che nella stanza delle pozioni di Harry Potter (la sola racconta dei miei testi non sta più in un raccoglitore ad anelli) è difficile descrivere cosa significhi disporre di questo patrimonio.
Sono ancore potentissime, puntatori precisi, bastano due note per riportare in vita luogo, tempo e circostanze in cui le ho concepite. Come le vecchie fotografie, che al tempo stesso sembrano lontanissime o appena passate. La sensazione bellissima o straziante che si prova rileggendo un vecchio diario, quando non sembra più la tua calligrafia, ma riconosco il linguaggio.
Un aspetto che mi colpisce è la sincerità spudorata di alcune cose, che non corrisponde alla mia memoria: mi ricordavo di aver buttato giù parole di getto, senza una grande introspezione, spesso affascinato dal suono delle parole e dalla musicalità dei versi; tanto è vero che a volte creavo un testo senza senso, poi solo in seguito cercavo di dargli forma. Oggi invece rileggo le stesse parole e ci trovo verità strabilianti: evidentemente hanno funzionato come una sorta di scrittura automatica, di registro dei sogni, credevo di scrivere cose completamente “estranee” e invece mi stavo raccontando.
Invece a volte, col favore della distanza (si mette a fuoco solo da lontano), mi diverto ad analizzare quello che ho scritto con il massimo distacco, come se fossi critico o storico della musica: allora divento sensibile alle evoluzioni degli stili e della qualità, diventano più palesi - in prospettiva - le influenze esterne, scopro legami tra cose che sembravano indipendenti, fili conduttori, temi ricorrenti. A volte trovo un'espressione che in seguito, senza esserne cosciente, ho ripreso per altro uso, e scopro collegamenti che non sospettavo, e solo allora riesco a definire una mia poetica, anche se non ricordo di averla mai programmata a tavolino.

sabato 21 marzo 2020

un'altra notte (soltanto per vederti passare)

Un'altra notte (soltanto per vederti passare) (cliccare qui a sinistra per ascoltare) è uno di quei brani in cui ho affidato alla musica il compito di evocare un'emozione, e ho usato solo il titolo come didascalia, per cui ogni parola che aggiungerò è di troppo. Dedicata a un "essere di fuga", a una di quelle presenze la cui inafferrabilità non fa che accrescerne la desiderabilità, è il racconto di una sensazione che dura il tempo di uno sguardo e della nostalgia cosmica che lascia la sua assenza.
Anni dopo ho creato una versione cantata che si innesta su questo brano, ma non ho trovato tra le mie registrazioni una versione all'altezza di essere pubblicata.
Consigli per l'ascolto: una notte d'estate, con le luci della città dall'alto della collina.

venerdì 13 dicembre 2019

un fucile caricato a parole

quando riempio la ventiquattr'ore
e scelgo quali sogni portare
e carico il mio aereo a pedali
e un fucile caricato a parole
[...]
ho deciso da che parte mi schiero
(Da che parte mi schiero)

Oggi lavoriamo sulla parola "impegno". Io ho potuto assistere a fasi musicali diversissime, compresi periodi in cui il valore dei testi era ritenuto più importante di quello della musica, in cui tra compagni di scuola si parlava di poesia, in cui ci si trovava in una cantina a parlare di un album. E ho anche vissuto varie ondate della musica cosiddetta di impegno, addirittura momenti in cui veniva stigmatizzato chi non si dichiarava impegnato, situazione che oggi appare totalmente anacronistica.
Evidentemente si tratta di categorie che perdono di senso nel momento in cui hai una platea ridotta come la mia. Le mie canzoni non potrebbero mai cambiare il mondo, e sarebbe assurdo che me ne ponessi l'obiettivo, possono solo raccontare la mia idea di mondo; e, fatta eccezione dei pochi esempi di espliciti temi sociali, tra le righe di quello che ho fatto non ho mai nascosto "da che parte mi schiero".
Tuttavia sono convinto che nel mestiere di fare musica l'impegno si trovi soprattutto nel lavoro poetico, narrativo, estetico, nella ricerca della bellezza.
Certamente una canzone può definirsi impegnata se svela verità scomode o se dà voce a chi non ne ha, ma già il pensiero di invitare alla riflessione o alla fruizione della bellezza, in un momento storico di banalizzazione della comunicazione, sovraddosaggio di immagini e volgarizzazione delle interazioni sociali, si può considerare impegno. L'arte può elevare lo spirito, educare all'apertura e alla tolleranza, allenare il senso critico, il confronto, la discussione. “Credo nel potere del riso e delle lacrime”, come diceva Chaplin, e aggiungo della musica, “come antidoto per l’odio e per la violenza”.

lunedì 28 gennaio 2019

L'importanza di chiamarsi ...

Probabilmente ha destato più di una curiosità il nome che ho usato per anni per firmare la mia musica, "H45". Un musicista singolo che si nasconde dietro il finto nome di un gruppo oggi è una prassi molto diffusa, ma non allora, per me era solo un gioco. Mi attiravano i gruppi rock identificati da sigle o lettere e numeri, e mi scelsi uno pseudonimo poco didascalico, che suonava bene in inglese e che potesse sollecitare domande, ma paradossalmente non avevo pronta nessuna risposta, perché non nascondeva alcun significato. Poi, come tante cose provvisorie, è rimasto per sempre,
Solo quando ho cominciato ad avere un po' più di visibilità, ho progressivamente introdotto prima le mie iniziali (quasi subliminali, evidenziate nel titolo in eserCizi sPirituali) poi il mio vero nome, che è come metterci la faccia. Usare uno pseudonimo è in fondo dar vita a un personaggio inventato, ma ha i suoi vantaggi, rende meno facile l'identificazione e permette di rendere più anonima, e quindi più universale, la mia musica.